IL DONO DI UNA NOCE
Lettera ad un mese dalla Sagra di Rizza
In queste settimane di GREST, tra giochi e sorrisi, corse e balletti, andando su e giù tra la pista e il Centro Parrocchiale, la piazza e il cortile, mi sono spesso fermato a immaginare la sagra che prenderà vita proprio in questi stessi spazi. Ho immaginato i tavoli e le panche disposti con cura, il palco con la musica, gli stand e la pesca; ma soprattutto la gente: chi in fila in attesa di una pietanza, chi tenta la fortuna con un biglietto per vincere un premio, le maglie bianche dei volontari tra i tavoli e in cucina, chi balla, chi canta, i più piccoli sulle giostre… Tutti insieme ad animare la festa più attesa e familiare dell’anno! Manca solo un mese, a partire da oggi, 21 luglio!
Anche se la Sagra si svolgerà solo per pochi giorni ad agosto, in realtà la Sagra è già cominciata, è già oggi, è adesso. Lo è da quando ci siamo ritrovati per la prima volta con l’équipe che si è impegnata a coordinare i vari passi dell’organizzazione; lo è ogni volta che sfogli il bellissimo El Ciacolon — che ti sia stato portato a casa, trovato in chiesa o nei negozi — e ti riempi il cuore e gli occhi con le tante realtà che saranno presenti alla sagra e che sono vive nel nostro paese. Sagra è quando, tra amici, ci si racconta delle edizioni passate, di quando si era piccoli, degli aneddoti e dei cambiamenti che il tempo ha portato. Sagra è quando strappi un biglietto della sottoscrizione a premi dal blocchetto, sperando sia quello fortunato. Sagra è quando dai la tua disponibilità a svolgere un servizio, prendendoti l’impegno di farlo con cura e amore. La Sagra è davvero Sagra quando anche il più fragile, il malato, il solo, il dimenticato… può partecipare, anche solo per una sera, per mangiare qualcosa e stare in compagnia. Su questo ci tengo particolarmente: se conoscete famiglie in difficoltà, persone sole, che vorrebbero partecipare anche solo una sera alla sagra ma, per mille motivi, non riescono o si vergognano a chiedere, fatemelo sapere. Ci organizzeremo per offrire loro la possibilità di gustare qualche ora di festa, condividere un pasto, stare in compagnia. Ci impegneremo anche a passare a prenderle e a riaccompagnarle a casa. Questo è essere Comunità: attenta a tutti, nessuno escluso. Non siamo certo una comunità perfetta, ma condividere il desiderio di farsi prossimi è, senza dubbio, camminare sulla strada giusta.
Sono questi i valori che abbiamo condiviso insieme nell’incontro con i volontari, dove non ci siamo limitati a presentare le novità del menù o i nomi dei responsabili dei vari settori della festa. Abbiamo soprattutto voluto sottolineare il grande valore del volontariato, specialmente in un tempo come questo, così difficile e appesantito da tante fatiche personali e preoccupazioni globali. Siamo partiti da uno spezzone di un film, che puoi trovare attraverso questo QR code o link https://tinyurl.com/PUNTI-DI-VISTA-Sagra-Rizza : alcune persone vengono portate in mezzo al traffico, per osservare cosa vedono e sentono. Ognuno condivide la propria percezione. Poi vengono condotte sulla terrazza di un alto edificio e, guardando lo stesso spazio dall’alto, sono invitate a descrivere nuovamente ciò che vedono e sentono. Pur trattandosi dello stesso luogo, le osservazioni cambiano completamente. Due punti di vista diversi sulla stessa realtà.
Anche il volontariato alla Sagra può essere vissuto in due modi: c’è chi lo vede solo come fatica, obbligo, servizio pesante, con il muso lungo e la sensazione che “tocca sempre agli stessi” o che “se l’avessero chiesto a me, l’avrei organizzata meglio”. Oppure si può scegliere di cambiare sguardo, e vedere il servizio da un altro punto di vista: quello della gioia nel donarsi, della bellezza dello stare insieme, della gratitudine nel contribuire a qualcosa di grande.I volontari della Sagra sono il volto, le mani, i piedi, il cuore, la mente dell’intera Parrocchia, che ha “come statuto il precetto dell’amore” (cfr. Prefazio Ss. Trinità).
Sì, le magliette bianche dei volontari, impreziosite dallo splendido logo della Sagra, dovranno profumare d’Amore. Le mani saranno sporche di carità, per avere il cuore pulito e pieno di gioia. I piedi impolverati, ma di un servizio gioioso e responsabile. Il vestito più bello da indossare con la maglietta sarà il grembiule.
C’è un canto liturgico che mi emoziona sempre, e ne estraggo alcune frasi:
“E cinto del grembiule, che è il manto tuo regale,
c’insegni che servire è regnare.
Fa che impariamo, Signore, da Te,
che il più grande è chi più sa servire,
chi s’abbassa e chi si sa piegare,
perché grande è soltanto l’amore” (cfr. Servire è regnare – GEN).
Tuttavia, conosco anche alcune “malattie” del volontario — che, ahimè, ogni tanto si fanno notare anche in parrocchia. C’è la sindrome del “Faccio tutto io”, che colpisce chi non riesce a delegare e si ritrova contemporaneamente alla cassa, al grill, alla pesca… e magari pure sul palco. Il rischio? Un crollo psico-fisico dopo il terzo giorno. C’è il morbo del “Si è sempre fatto così”, che si manifesta con una rigidità cronica alla novità: ogni proposta viene stroncata con un deciso “ma noi l’abbiamo sempre fatto così!”. Si può incorrere anche nell’infiammazione da “Lamentite acuta”, per cui ogni cosa è sbagliata: le luci, la musica, il menù, il tempo… tutto diventa occasione per lamentarsi. Un’altra forma è l’allergia al turno in cucina: il volontario sembra entusiasta e disponibile, ma sparisce misteriosamente davanti a una padella d’olio. E infine, l’insorgere della “competitivite parrocchialis”, scatenata dal confronto con le sagre dei paesi vicini: “Hai visto quanta gente c’era a quella di San Giuto? Dobbiamo fare meglio noi!”.
Ma c’è anche una malattia benedetta, che tutti dovremmo “prendere”: la fatica santa. È quella stanchezza profonda, ma piena di gioia, che ci si porta a casa dopo una serata di servizio ben fatto. La cura raccomandata è semplice: un sorriso, un grazie, un abbraccio… e magari un bel piatto di pasta avanzata mangiato insieme.
Questa è la fatica che vale, perché la gioia e il sorriso che doniamo possono incontrare persone di cui non conosciamo la giornata, il momento che stanno vivendo, le ferite che si portano dentro. Anche un semplice piatto di riso, dato con gentilezza o in modo distratto, non è la stessa cosa. Non dobbiamo mai aver paura della gentilezza e della tenerezza. Anche tra uno stand e l’altro, vale la pena “perdere” qualche secondo per darci un cinque, dirci grazie che ci sei, scambiarci un abbraccio. In quei gesti ci ritroviamo interi. In quei gesti ritroviamo l’energia e il senso di ciò che stiamo facendo.
In quei gesti c’è lo stesso Amore di Dio. Anche se tu non credi in Lui, Lui certamente continua a credere in te.
Sono certo che questa Comunità gode della presenza di donne e uomini straordinari, che già da mesi si stanno dando da fare per realizzare una Sagra davvero bella e accogliente, frizzante ed entusiasmante. E questo — sì, proprio questo — è il segno di una Parrocchia viva.
Non vedo l’ora di vedere la gente partecipare alla Sagra con curiosità ed entusiasmo, per vivere un tempo insieme fatto di buon cibo e musica, ma soprattutto di chiacchiere e relazioni vere e sincere.
La Sagra è anche un luogo — e un tempo — quasi magico, dove le generazioni si intrecciano, e dove si rivedono persone che, per mille motivi, non si incontravano da tempo. Può diventare anche un’occasione per ritrovare parenti e invitare i familiari a passare del tempo insieme.
Vivi la Sagra con fantasia, e lasciati ispirare dal desiderio di condividere momenti semplici, ma pieni di allegria.
I giorni della Sagra non si vivono con la fretta della corsa o con l’ansia di avere tutto perfetto e immediato. La Sagra è tempo di pazienza e misericordia, di gratitudine e comprensione.
Se i piatti arrivano un minuto dopo, se la cassa rallenta per un guasto tecnico, se lo schermo delle chiamate si blocca… se, se, se…
Il tempo della Sagra è un tempo “sospeso”, in cui la pazienza è un dono da esercitare e da accogliere con serenità.
Un grande GRAZIE va a tutti — e a ciascuno — di coloro che stanno organizzando e realizzando qualcosa di davvero straordinario: a tutti i volontari, ai professionisti, a chi ha portato il giornalino El Ciacolon nelle case, e a chi sta diffondendo i biglietti della sottoscrizione a premi in quanti più posti possibili, contribuendo anche così alla buona riuscita della Sagra. Grazie a tutti gli sponsor che credono con noi in questo sogno di festa per tutti!
Un grazie speciale ai giovani, e non posso non citare l’équipe della grafica, dei social e dei media: stanno facendo un lavoro meraviglioso, ed è la prova che, se ci si fida dei giovani e si dà loro spazio, sanno realizzare cose davvero straordinarie.
Tutti sentiamoci ringraziati, nessuno escluso, e continuiamo ad attendere la Sagra con trepidazione.
Ma soprattutto, viviamola già da ora, ogni giorno, perché Sagra è vita!
L’incontro con i volontari lo abbiamo concluso con la visione di una pubblicità che puoi vedere attraverso questo link https://tinyurl.com/LA-NOCE-sagra-Rizza o QRCODE: racconta la tenera amicizia tra due bambini, Carlo e Marta, che vengono separati da un trasloco. Prima della partenza, Marta regala a Carlo una noce, simbolo di affetto e cura. Gli anni passano e Carlo cresce. Quando Marta torna, i due si ritrovano sulla vecchia panchina di un tempo. Marta ricorda il dono, e Carlo rivela di aver conservato quella noce… anche se ora ha assunto una forma diversa: dalla noce è nato un alberello che, superata l’inverno, è diventato un grande albero di noce, illuminato a festa per il Natale. Il finale è dolce e simbolico: Carlo e Marta seduti sotto l’albero riaccendono la loro amicizia, intrecciando passato e presente. L’albero diventa emblema di memoria, crescita e speranza.
Come nel filmato, anche noi possiamo regalare una “noce” — e una vera l’abbiamo donata a tutti i volontari presenti all’incontro: un gesto semplice, piccolo, magari silenzioso — come un turno in cucina, un sorriso alla cassa, una parola gentile a chi arriva stanco o in ritardo.
Questa “noce” di servizio, se fatta con amore e costanza, mette radici.
E nel tempo, anche se non lo vediamo subito, può diventare qualcosa di grande:
una relazione che nasce, un cuore che si apre, una comunità che cresce.
La noce ci ricorda che ciò che conta non è la grandezza del gesto, ma l’amore con cui lo fai.
E che ogni piccolo dono, se curato con pazienza, può diventare un albero di festa, di accoglienza, di comunione. Non c’è un servizio che non sia importante. Anche la più piccola azione, se fatta con cuore, cambia il volto della Sagra… e della Comunità. A tutti e a ciascuno, il dono di una noce e il desiderio di vedere la nostra comunità crescere all’ombra di alberi di bellezza, comunione, accoglienza, generosità… vita!
Matteo, parroco
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