L’AQUILONE VOLA SOLO CON IL VENTO CONTRARIO
Lettera agli ADOLESCENTI e GIOVANI al termine del GRES 2025

Dicono che gli adolescenti e i giovani oggi abbiano una soglia di attenzione e di interesse molto bassa: 8–12 secondi per decidere se un contenuto è interessante o meno. E, comunque, deve poi essere breve da ascoltare. Massimo 50 parole se si tratta di un testo. Praticamente, dovrei già concludere la lettera qui, perché secondo le statistiche ti ho già perso.

E allora perché mi ostino a scrivere ancora una lettera, soprattutto a voi adolescenti e giovani, sapendo che me la potrei cavare con qualche emoji, invece di scrivere una lunga lettera che – lo so – probabilmente non leggerai fino in fondo?
Forse perché sono un po’ all’antica, e alla vostra età scrivevo e ricevevo tantissime lettere. E, quando erano troppo brevi, era quasi una delusione.

Scrivere fa bene. Scrivere permette di imprimere su un pezzo di carta ciò che le emozioni suggeriscono.
Scrivere porta a tracciare con l’inchiostro ciò che il cuore e la mente stanno balbettando.
Ecco perché voglio sperare che le statistiche, almeno stavolta, non ti riguardino… e che tu possa superare quel limite per arrivare fino in fondo, sentendoti voluto bene dalle mie parole, abbracciato dalla mia stima.

Mentre ti scrivo, sono appena rientrato dal torneo di pallavolo che molti di voi hanno disputato qui dietro la chiesa. Vedervi così insieme, festosi, entusiasti, mi ha portato a sedermi qualche istante e scriverti una lettera al termine di questa splendida esperienza che è stato il Grest.
È volato: quattro settimane davvero passate come un soffio, ricche di sorrisi e qualche lacrima, di silenzi e grida, giochi e momenti seri, storia e bans, abbracci… e anche qualche gesto un po’ fuori luogo, di troppo.

Il Grest è sempre un’esperienza forte, unica, come il volo sospeso di Peter Pan tra un’isola che non c’è e l’altra: un tempo sospeso, in cui, in fondo, torniamo tutti un po’ bambini.
Non parlo delle responsabilità – che, anzi, voi animatori avete dimostrato di saper affrontare eccome – ma di quel bambino che dobbiamo tenere vivo dentro di noi. Quello che si stupisce per le cose semplici. Perché, alla fine, sono proprio le cose piccole e semplici a essere le più preziose.

E, proprio come i bambini si fidano ciecamente degli adulti, anche noi dovremmo ricordarci che chi ha più esperienza può guidarci con le sue parole per il nostro bene, per aiutarci a valorizzare i talenti che ci portiamo dentro.

Vorrei condividere con te il Vangelo che oggi ci viene proposto dalla liturgia, nel giorno di Santa Maria Maddalena.
Lo so, molti di noi hanno abbandonato la fede, non credono più, o si aggrappano a ciò che intuiscono possa far loro del bene.
Perciò perdonami se prendo spunto dalla Parola di Dio: lo faccio in punta di piedi, con grande rispetto per tutti.
Ma è la cosa per la quale sto donando la mia vita.
E il Vangelo di oggi mi sembra perfetto per descrivere quelle volte in cui mi sono fermato a guardarvi, ad ascoltarvi, ad accogliere qualche confidenza che mi avete affidato…

Insomma, quel giardino dove vorrei portarvi mi sembra somigliare molto a uno degli spazi del Grest che abbiamo vissuto insieme in questo mese.

Curiosamente (ma forse non troppo), è lo stesso Vangelo che mi ha ispirato la lettera alla Comunità che ho scritto a Pasqua e consegnato a tutti.
Ma non credo tu l’abbia letta… perché era lunga. E noiosa. (Se ti incuriosisce, ce ne sono ancora alcune copie in chiesa).

Nel Vangelo si racconta di Maria di Magdala mentre sta girovagando inconsolabile nel giardino vicino al luogo dove hanno sepolto l’amico Gesù. Non ha paura dei morti, soffre troppo per avere paura di un cimitero. Ma mentre è lì si accorge che c’è qualcosa che non quadra. Il sepolcro è aperto e dentro la scena è surreale: “Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: «Donna, perché piangi?»”. L’assenza del corpo di Gesù è talmente tanto evidente, che due angeli possono sedersi sui due lati della pietra dove era deposto. E anche se la reazione più ovvia doveva essere lo spavento, Maria di Magdala è solo concentrata sull’assenza del Suo Signore: “«Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto»”. Quando si è disperati non si riesce a vedere nient’altro che il motivo della nostra disperazione. E poco importa se stai parlando con gli angeli. Delle volte siamo così disperati che non riusciamo nemmeno ad accorgerci che quello che stavamo cercando è davanti ai nostri occhi: “Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù”. Solo piano piano e, attraverso le parole di Gesù stesso, Maria comincia a capire che cosa sta accadendo. Ma prima deve domandarsi sul serio perché sta soffrendo e che cosa sta veramente cercando: “«Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo»”. Ma c’è solo una cosa che può tirarla fuori da quei ragionamenti, da quel dolore, da quella confusione: è sentirsi chiamata per nome. “Gesù le disse: «Maria!». Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: «Rabbunì!», che significa: Maestro!”. La resurrezione è l’incontro con chi ti ricorda chi sei.

Cari adolescenti e giovani, in questi giorni ho potuto starvi accanto in silenzio e conoscere solo un poco di ciò che siete, ma ho intravisto in voi delle potenzialità grandissime!
In alcuni, però, ho visto anche molto disorientamento, volti spesso seri, con un accenno di ruga di preoccupazione o tristezza sulla fronte. Occhi persi nel vuoto, di chi forse in quel momento non si sentiva al posto giusto.

A tutti voi, a tutti e anche a me stesso, vorrei dire con forza e coraggio: non abbiate paura di prendere in mano la vostra vita con entusiasmo e determinazione.
Non temete di lasciarvi porre le stesse domande che si è sentita rivolgere Maria Maddalena: Che cos’hai? Cosa porti dentro di te? Perché piangi? Cosa ti preoccupa, cosa ti rattrista? Non avere mai paura di guardarti dentro e, con sincerità, chiederti se – in questo momento della tua vita – sei davvero felice.
Oppure se quello che stai vivendo, le relazioni, le scelte che stai facendo, gli affetti… siano davvero la tua felicità o un ostacolo ad essa. Non temere di fare scelte importanti, talvolta controcorrente. Sai una cosa? L’aquilone vola solo con il vento contrario. Sii te stesso, sempre, senza indossare maschere o trucchi che rendono falsa la tua vita.
Non aver paura di perdere anche qualcuno pur di seguire strade che senti vere per te, e non solo quelle che gli altri si aspettano da te. Il presto Santo Carlo Acutis, tuo coetaneo, diceva sempre ai suoi amici: «Tutti nasciamo originali, ma molti muoiono fotocopie». Siate originali, siate protagonisti della vostra vita, non spettatori. Mettete a frutto i vostri talenti senza vergogna. Perché, credetemi, sono ben altre le cose di cui dovremmo vergognarci: quelle che rendono la nostra vita puzzolente di falsità, di ipocrisia, di menzogna.

Viviamo in un mondo che vi vuole burattini nelle mani di pochi, che vi convince che per essere “fighi” bisogna fare stronzate, diventare dipendenti da droghe o alcol, vivere relazioni “usa e getta”, come se l’altro fosse una bambola nelle vostre mani, schiavo delle vostre voglie, e non una persona da accogliere e amare per quella che è, rispettando i suoi “sì”… e soprattutto i suoi “no”.

Ricordate sempre: ciò che tocca il tuo corpo, tocca anche il tuo cuore.

Siate protagonisti anche in parrocchia: questi ambienti sono vostri. Questa è casa vostra! Fatelo con fantasia, gioia, entusiasmo e creatività!
Non aspettate che siano sempre gli altri a decidere per voi.
Avete possibilità immense, qui, per realizzare i vostri desideri di amicizia e servizio.

Penso al Circolo NOI, al gruppo adolescenti e giovani che ripartirà alla grande, al teatro cinema, agli spazi per lo studio, per stare insieme, per coltivare le vostre amicizie. Penso al servizio alla sagra, ma anche a tutte le proposte che vorrete lanciare voi. Non buttate via questo mese aspettando l’estate prossima. Vivere la comunità così è uno spreco. Abbiamo desiderio vero di vedere realizzata la vostra giovane fantasia, la vostra intuizione profonda, il vostro entusiasmo contagioso.

E in tutto questo… non abbiate paura dei fallimenti, delle cadute, degli ostacoli lungo il cammino. Imparate a dire parole magiche come “scusa”, “perdono”. Siano queste parole ponti, non muri. Prendetevi cura, soprattutto, dei più fragili. Di chi non ha amici, di chi spesso è solo perché nessuno gli scrive, nessuno si interessa a lui o a lei.

Cari adolescenti e giovani,
noi siamo risorti, siamo vivi, solo quando qualcuno ci chiede di essere veramente noi stessi. E voi siete qualcosa di straordinario, e in queste settimane lo avete dimostrato. Lasciate poi che sia Gesù a mettere ordine dentro di voi, a dare senso a ciò che fate e a ciò che siete. L’adolescenza è il tempo in cui è più facile dire: “Io non credo più in Dio”, “non vado più a messa”, “sono tutte cazzate e noia!”

Sì, è più facile dire così. Ma io vi chiedo: provateci! Tornate.
Non smettete di porvi domande vere, invece di pretendere risposte facili. Lasciatevi amare da un Dio che, anche se tu non credi in Lui, Lui non smette di credere in te!
La fede non è un insieme di regole, ma una relazione da coltivare, una Persona da incontrare. E spero davvero di poterti aiutare a fare questo incontro con Lui, che ama la tua vita perché l’ha impastata di amore, l’ha plasmata ad immagine sua. Sei un capolavoro stupendo.

Carissimi, il mio grande grazie va a tutti e a ciascuno di voi.
A partire dalle responsabili e dai responsabili: straordinari compagni di viaggio, guide entusiaste e coraggiose, fratelli e sorelle maggiori.
A voi la mia stima e l’affetto che spero abbiate sentito in ogni sguardo, in ogni “cinque” battuto con il cuore.

Così anche a voi, animatori e animatrici: grazie per la vostra presenza e per il bene che avete trasmesso ai più piccoli, mettendo in gioco tutto ciò che portate dentro. Grazie agli aiuto-animatori, perché spesso siete stati proprio voi a dare l’esempio, con gioia e responsabilità. Grazie a tutti e a ciascuno.
E grazie al Circolo NOI e a tutti i volontari, la cui presenza preziosa vi ha sostenuti, aiutati, incoraggiati.

Infine, vi chiedo scusa: se in qualche parola o gesto vi ho trattato male, vi ho offeso, se non sono stato d’esempio, se vi ho deluso. Vi chiedo scusa. Anch’io ho imparato molto da voi. E per questo, vi sono grato.

Non perdiamoci ora che il Grest è finito. Continuiamo insieme il cammino, la navigazione nel mare di questa storia, e rispondi con entusiasmo alle proposte che presto ti faremo. Fidati!

Allora gridiamo per l’ultima volta tutti insieme: Oltremare, ciurma!
Spieghiamo le vele, e avanti tutta! Lasciamoci spingere dal vento dello Spirito.
Prendiamo il largo: la nave non è fatta per restare legata al porto.

Se anche solo uno di voi, leggendo queste righe, si è sentito visto, accolto, stimato… allora ne è valsa la pena scriverle.
Anche se sono più di 50 parole. Anche se ci hai messo più di 12 secondi.

Con affetto e stima sincera,

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